FRIDA KAHLO E GLI ANIMALI
Frida Kahlo, all’anagrafe Magdalena Carmen Frida Kahlo y Calderón (Coyoacán, 6 luglio 1907 – Coyoacán, 13 luglio 1954) è stata un’artista messicana.
Ebbe una vita costellata da difficoltà fisiche e psicologiche.
Nacque affetta da spina bifida, per poi ammalarsi di poliomielite a sei anni e subire un grave incidente a diciotto che le procurò moltissime lesioni. La colonna vertebrale spezzata in tre punti nella regione lombare; il collo del femore frantumato come le costole; undici fratture alla gamba sinistra e l’anca sinistra fu trafitta dal passamano dell’autobus su cui viaggiava. Inoltre il piede destro rimase slogato e schiacciato; la spalla sinistra restò lussata e l’osso pelvico spezzato in tre punti.
Dovette sottoporsi a trentadue operazioni chirurgiche. Quando finalmente fu dimessa dall’ospedale, fu costretta a letto in un riposo col busto ingessato.
Questo avvenimento stravolse completamente la sua vita facendola sprofondare nella più completa solitudine e a rifugiarsi nell’arte quale unico contatto col mondo esterno.
La sua prima opera fu un autoritratto, che convinse i suoi genitori a regalarle dei colori e un letto a baldacchino con uno specchio sul soffitto, in modo che potesse vedersi.
Olio su tela 1926
Fu così che iniziò la serie di autoritratti.
Frida Kahlo dichiarò: “Dipingo me stessa perché passo molto tempo da sola e sono il soggetto che conosco meglio”.
Poté riprendere a camminare, afflitta però da dolori che sopportò per tutta la vita.
Anche la relazione con l’amato marito Diego Ribera, fu contraddistinta dall’angoscia, la solitudine e la delusione, così come l’impossibilità della maternità, che la portò a riversare il suo amore sui bambini degli altri, sui nipoti e sugli animali, in particolare scimmiette e pappagalli.
Nei suoi innumerevoli autoritratti traspaiono dolore, solitudine, tristezza, disgrazia, desolazione… anche se la Kahlo non volle mai permettere alla sua sofferenza di trasformarla in un essere da commiserare.
Certamente l’artista sublimava nell’arte il suo dolore, trovando così l’energia per andare avanti ma lei era dotata di una violenta passione per la vita e per tutto ciò che la rende degna di essere vissuta, che trasferiva nella intensità degli sguardi, nella esuberanza dei costumi messicani, nella vegetazione lussureggiante…
Benché breve, la vita di Frida fu intensa e venne vissuta con l’entusiasmo di chi sa apprezzarne ogni attimo: conoscendo il dolore si ha l’esatta percezione di quanto la felicità sia effimera, e va goduta momento per momento.
A Milano, alla Fabbrica del Vapore, la mostra “Frida Kahlo. Il caos dentro” causa Covid era stata sospesa, doveva durare fino al 2 maggio 2021, Invece l’hanno prorogata e riprenderà dal 25 maggio al 25 luglio 2021.
Grazie all’uso della multimedialità si ha la possibilità di ripercorrere la storia, la vita e la creatività dell’artista messicana.
Questo avviene attraverso un percorso interattivo e fotografico, di forte impatto sensoriale che coinvolge profondamente il visitatore.
I percorsi tematici da seguire sono vari, il rapporto della Kahlo con il corpo, il suo coinvolgimento con il marito Diego Ribera, le sue relazioni con la politica…
Nel 2018 c’era stata un’altra bella esposizione al Mudec di Milano.
Tra le varie opere esposte ce n’erano alcune che rappresentavano animali con cui l’artista ebbe sempre uno stretto rapporto (sono presenti in oltre un terzo dei suoi autoritratti).
SI circondò di animali che le trasmettevano fiducia e sicurezza, diventando per lei i figli che non ebbe, amici su cui contare.
Furono compagni di abbracci, sostegni nel buio della solitudine e amici con cui condividere la gioia.
Nella vita di Frida, gli animali non furono mai cornice, bensì opera d’arte.
Il curatore della mostra Diego Sileo spiegava che ci sono due livelli di lettura del rapporto di Frida con gli animali: “Il più semplice è quello di un legame di tipo affettivo: scimmie, cani nudi messicani e pappagalli sono i suoi animali domestici, in un atteggiamento molto moderno. La seconda lettura, più complessa, è il rimando alla simbologia precolombiana e azteca.”
Nell’autoritratto con la corona di spine del 1940 “il gatto rappresenta la minaccia al suo amore con il marito pittore Diego Ribera e le spine alle quali il colibrì è appeso il sincretismo religioso dell’artista, cattolica ma con rimandi precolombiani”
La Khalo fu influenzata dal mondo della natura e da quello animale, Amava tutti gli animali, quasi tutti dono del marito Diego, e spesso li ha ritratti nei suoi lavori (55 su 143 tele). Nel giardino di Casa Azul, Diego le costruì un serraglio a forma di piramide per ospitarli e farli sentire al sicuro senza far loro mancare lo spazio per scorrazzare.
C’era un cerbiatto chiamato Granizo, un’aquila, dei parrocchetti, molte galline, dei passeri e diversi esemplari di cane nudo messicano, razza che era già conosciuta dagli Aztechi.
Gli animali ebbero un ruolo fondamentale nella pittura di Frida Kahlo, protagonisti, insieme alla pittrice, di numerosi autoritratti o parte integrante dei paesaggi rappresentati.
La loro rappresentazione va al di là delle apparenze, dando vita all’universo interiore della pittrice.
Le scimmie del genere Ateles, per esempio, definite anche “scimmie ragno”, diffuse nell’America centrale e meridionale, possiedono una coda prensile molto robusta e forte, che viene utilizzata alla pari di un quinto arto. Sono inoltre fra i pochi primati a organizzarsi in numerosi gruppi di individui guidati da esemplari femminili dominanti, con una prole a prevalenza anch’essa femminile, carattere curiosamente accostato allo stato familiare di Frida.
L’immagine della scimmia, nella tradizione, viene spesso associata al peccato, all’aspetto sensuale e lascivo, che mette l’uomo in relazione con la propria fragilità di fronte alla tentazione.
Questo animale è anche definito un emblema di quanto il troppo amore possa rivelare risvolti pericolosi.
Nell’Autoritratto con scimmia (1940), aldilà dell’onnipresente muro di foglie appare Frida, con accanto l’animale che le cinge le spalle. Entrambi sono legati fra loro da un nastro rosso acceso, colore del sangue, che dall’acconciatura della pittrice arriva ad includere il collo del primate e a fasciare con svariati giri quello dell’artista. La zampa della scimmia appare come un prolungamento naturale della treccia di Frida.
Sebbene si possa attribuire alla composizione un’atmosfera inquietante e sinistra derivante dal concetto di amore soffocante, la scimmia è qui solo un essere vivente, tenero e dotato di un’anima che abbraccia la pittrice con fare protettivo. Frida dipingendosi a fianco dei suoi animali domestici, sembra infatti una bambina che cerca protezione nell’orsacchiotto o nella bambola.
Nelle fotografie la si vede sovente accanto ai suoi più sinceri amici con i quali trascorreva molto del suo tempo anche per via della debilitante condizione fisica: la si vede mentre passeggia coi suoi cani, che nutre le anatre in giardino, o che arriccia le labbra per baciare un piccolo cerbiatto.
Compagni di vita, fonte di ispirazione, oggetto di rappresentazione: questo e molto di più furono gli animali nella vita di Frida che scrisse prima di morire:
“Spero che l’uscita sia gioiosa e di non tornare mai più.”
Nella mitologia mesoamericana il cane assumeva un importante valore simbolico, specialmente in ambito azteco. Sotto il comando del signore dell’oltretomba Mictlantecuhtli aveva, tra le numerose prerogative, il compito di accompagnare il defunto attraverso i nove livelli del Mictlan, il mondo dei morti.
Questa particolare razza di cane definita Xoloitzcuintle (dall’unione delle parole Xolotl e itzcuintle e cioè “cane del dio Xolotl“), o cane nudo messicano, è molto diffusa ancora oggi e trova ampio spazio nell’arte di Frida Kahlo così come nella sua vita quotidiana. La pittrice, come ho detto, amava infatti circondarsi di tali animali d’affezione che le facevano compagnia nelle lunghe giornate trascorse sia alla Casa Azul che a San Ángel.
Questa figura assume diversi significati a seconda del contesto in cui si incontrano e del messaggio che la pittrice vuole trasmettere all’osservatore; ecco una breve carrellata.
Still Life (dedicato a Samuel Fastlicht), 1951.
In questo dipinto, dedicato al proprio dentista, Frida raccoglie una vasta gamma di frutti originari della sua terra, a partire dal mango per arrivare a melone e anguria; ognuna di queste con la caratteristica di avere fiori maschili e femminili, dando adito alla dualità simbolica presente in natura come quella tra uomo e donna, vita e morte o sole e luna. Tra l’abbondanza di agrumi e cucurbitacee spicca un piccolo
ritratto da uno dei reperti archeologici della collezione di Diego Rivera, a rappresentare, insieme alla bandiera messicana sullo sfondo, la profonda connessione alla proprio contesto culturale e alla tradizione preispanica.
Self portrait with Xoloitzcuintle, 1938.
Un inusuale senso di pace e di vuoto pervade quest’opera. Frida si dipinge al centro del campo visivo seduta su una seggiola, stagliandosi su un enorme sfondo grigio pallido; l’abito tehuana, tinto di nero. Il cane itzcuintli è rappresentato in basso a destra in dimensioni più ristrette del normale e, come sempre nell’arte di Frida, non vi è casualità.
Come citato in precedenza, il cane nella mitologia azteca era considerato guardiano del mondo dei morti e accompagnatore del defunto nel contesto oltremondano; l’animale ritratto qui non ha l’aspetto baldanzoso di un guardiano ma subisce un netto ridimensionamento.
Più che la funzione oltremondana pare, infatti, che la pittrice voglia soffermarsi sulla tradizione sacrificale dell’animale presso le antiche civiltà. Tutto nel dipinto sembrerebbe, quindi, alludere alla morte e al continuo faccia a faccia che Frida ebbe con essa nel corso della sua vita: l’abito scuro dell’artista; la sigaretta di marijuana al dito, impiegata per lenire il dolore fisico; il piccolo itzcuintli fermo ad ascoltare se la morte si avvicina.
Già preso in esame parlando delle scimmie, ritroviamo anche qui la figura del cane. A collegare i tre personaggi del dipinto è un nastro dorato, che chiude il suo percorso avvolgendo la firma dell’artista in alto a destra.
La pittrice e gli animali sembrano richiamare alla memoria le tre scimmie della tradizione buddhista: il primate con gli occhi sgranati che non vede il male, l’artista con le labbra serrate che non parla del male e il cane con le orecchie prominenti che non sente il male.
La statua in terracotta alle spalle di Frida, non rappresenta solo il suo amore per l’antica cultura del Messico ma soprattutto fa riferimento ad una esperienza collocata nel passato della quale non riesce a parlare.
Gli animali sono come degli alleati dell’artista ai quali ha confidato i suoi segreti, che rimarranno per sempre tali. In questo caso, pertanto, il cane è da interpretarsi come simbolo di protezione ed empatia.
Vicla Sgaravatti
Medico Veterinario
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2 commenti
Eleonora Valent · 09/03/2022 alle 16:27
Molto bello il suo articolo. Mi ha fatto scoprire un aspetto di Frida kahlo che mi affascina. Grazie
Vicla Sgaravatti · 09/03/2022 alle 17:50
La ringrazio, sono contenta che le sia piaciuto. Frida Kahlo è davvero un personaggio intrigante e affascinante.