JORGE LUÍS BORGES E I GATTI
Il grande scrittore e poeta argentino Jorge Luis Borges, (24 agosto1899-14 giugno 1986) era un amante dei gatti.
Ne ebbe due che passarono alla storia, Beppo e Odín.
Odín era un gatto tigrato e aveva avuto quel nome in onore al dio della mitologia nordica.
Beppo era un gatto bianco e lo stesso Borges spiegò: “si chiamava Pepo, ma era un nome orribile, allora l’ho cambiato subito in Beppo, un personaggio di Lord Byron. Il gatto non se ne accorse e seguitò la sua vita”. Pare che il nome originario Pepo fosse in onore a un calciatore del River Plate del 1975 José Omar Reinaldi, soprannominato “La Pepona”, ma Borges ricordò il poema veneziano di Lord Byron che si intitolava ‘Beppo’ (del 1817) e lo ribattezzò.
Beppo era un bel gatto bianco che stava sempre con Borges. Gli piaceva giocare con le stringhe delle sue scarpe e dormirgli sulle ginocchia.. Aveva più di quindici anni quando morì e per Borges, che era già cieco, fu un’autentica perdita.. Pare che in quell’occasione disse: “Vorrei morire oggi stesso, ma non ho la fortuna che ha avuto Beppo. Anche se forse sì, adesso che ho l’influenza forse morirò”.
Alcuni dicono che Beppo avesse un brutto carattere, ma che andasse molto d’accordo con Borges. Un giorno, la sua governante vide che Beppo si guardava in uno specchio credendo di vedere un rivale. Lo raccontò a Borges e questi gli dedicò una poesia, scaturita da una riflessione: cosa vedono i nostri amici pelosi quando si guardano nello specchio? La risposta di Jorge Luis Borges, poeta sopraffino, è interessante e inserì questa poesia nella sua opera “La cifra”, pubblicata nel 1981.
A BEPPO
El gato blanco y célibe se mira
en la lúcida luna del espejo
y no puede saber que esa blancura
y esos ojos de oro que no ha visto
nunca en la casa son su propia imagen.
¿Quién le dirá que el otro que lo observa
es apenas un sueño del espejo?
Me digo que esos gatos armoniosos,
el de cristal y el de caliente sangre,
son simulacros que concede el tiempo
un arquetipo eterno. Así lo afirma,
sombra también, Plotino en las Enéadas.
¿De qué Adán anterior al paraíso,
de qué divinidad indescifrable
somos los hombres un espejo roto?
A BEPPO
Il gatto bianco e celibe si guarda
nella lucida lastra dello specchio
e sapere non può che quel candore
e le pupille d’oro non vedute
mai nella casa sono la sua immagine.
Chi gli dirà che l’altro che l’osserva
è solamente un sogno dello specchio?
Penso che questi armoniosi gatti,
quello di vetro e quello a sangue caldo,
sono fantasmi che regala al tempo
un archetipo eterno. Così afferma
Plotino, ombra lui pure, nelle Enneadi.
Di che Adamo anteriore al paradiso,
di che divinità indecifrabile
siamo noi uomini uno specchio infranto?
Vicente O. Cutolo, scrittore argentino, in un suo libro dedica un capitolo a “Beppo, il gatto di Borges” dove racconta che l’autore era attratto e sedotto dai felini sin da piccolo, e include alcuni disegni di tigri fatti quando il famoso scrittore era ancora un bambino.
Odín era un gatto tigrato che visse con Borges, ma non arrivò mai ad essere così famoso come Beppo. Dicono que sopravvisse quasi dieci anni allo scrittore, ma non si sa con chi visse. Forse con la moglie María Kodama, alla quale lasciò tutti i suoi beni, o con la governante, Epifanía Uveda, detta Fanny?
Borges disse, a proposito dei gatti: “Nessuno crede che i gatti siano buoni compagni, invece lo sono. Sono solo, sdraiato a letto, e improvvisamente sento un salto potente: è Beppo, che si siede a dormire al mio fianco, e io percepisco la sua presenza come quella di un dio che mi protegga”. Disse anche: “Sempre preferii l’enigma che rappresentano i gatti”.
Pare che abbia avuto anche un gatto nero, ma di lui non si sa nulla.
A UN GATO , poesia pubblcata nel 1972 nel volume “El oro de los tigres”
No son más silenciosos los espejos
ni más furtiva el alba aventurera;
eres, bajo la luna, esa pantera
que nos es dado divisar de lejos.
Por obra indescifrable de un decreto
divino, te buscamos vanamente;
más remoto que el Ganges y el poniente,
tuya es la soledad, tuyo el secreto.
Tu lomo condesciende a la morosa
caricia de mi mano. Has admitido,
desde esa eternidad que ya es olvido,
el amor de la mano recelosa.
En otro tiempo estás. Eres el dueño
de un ámbito cerrado como un sueño.
A UN GATTO
Non sono più silenziosi gli specchi
né più furtiva l’alba avventuriera;
sei, sotto la luna, quella pantera
che a noi è dato percepire da lontano.
Per opera indecifrabile di un decreto
divino ti cerchiamo invano;
più remoto del Gange e del Ponente
tua è la solitudine, tuo il segreto.
La tua schiena accondiscende la carezza
lenta della mia mano. Hai accettato,
da quella eternità che è già oblio,
l’amore di una mano timorosa.
Sei in un altro tempo. Sei il padrone
di un ambito chiuso come un sogno.
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