ENCEFALITE DA LYSSAVIRUS IN UN GATTO: IL CASO
A giugno si è verificato il primo caso in Italia di encefalite da Lyssavirus in un gatto di proprietà, residente ad Arezzo.
Il Centro Nazionale di Referenza per la Rabbia ha confermato l’infezione. Nessuna trasmissione da animale a uomo nè morsicature pregresse.
Ipotesi di infezione da predazione di specie migratoria: il virus isolato (West Caucasian Bat Lyssavirus) è un virus rabbia correlato, potenzialmente zoonotico, è stato rinvenuto una sola volta, a livello mondiale, in un pipistrello del Caucaso nel 2002, senza che ne fosse mai stata confermata la capacità di infettare animali domestici o l’uomo.
Il sindaco di Arezzo, in seguito al decesso di un gatto adulto che, dopo aver morso la sua proprietaria è morto a sua volta ed è risultato affetto da Lyssavirus, ha emanato due ordinanze in via cautelativa a tutela della salute pubblica.
Con la prima ordinanza, il Sindaco ha disposto il sequestro degli altri animali della proprietaria del gatto deceduto: un cane, un gatto e tre gattini lattanti. Il Sindaco ne ha ordinato il contestuale affidamento in custodia presso il canile comunale od altra idonea struttura equipollente. Nel frattempo- fino al termine delle operazioni di trasferimento- la proprietaria è tenuta a mantenere gli animali indicati in custodia ed in isolamento presso la propria abitazione, situata al di fuori del centro urbano.
Nella seconda ordinanza, si stabilisce che fino al 27 agosto compreso,” i cani, anche se muniti di museruola, non possano circolare se non condotti al guinzaglio; i cani accalappiati rinvenuti vaganti non siano restituiti ai possessori se non abbiano subito favorevolmente il periodo di osservazione di 6 mesi, riducibili a 2 qualora vengano sottoposti a vaccinazione antirabbica postcontagio.
I possessori di cani devono segnalare immediatamente all’autorità comunale l’eventuale fuga dei propri cani ovvero il manifestarsi in essi di qualsiasi sintomo che possa far sospettare l’inizio della malattia come ad esempio cambiamento d’indole, tendenza a mordere, manifestazioni di paralisi, impossibilità della deglutizione”.
Il dipartimento Igiene Pubblica dell’Asl Toscana Sud Est di Arezzo ha preso in carico le persone entrate in contatto con il gatto risultato positivo al Lyssavirus. Le persone esposte, morsicate o che hanno manipolato il gatto sono state sottoposte ai trattamenti di profilassi antirabbica.
Una nota della Federazione degli Ordini Veterinari della Toscana dice: “L’indagine epidemiologica non ha evidenziato fattori di rischio significativi. Il gatto non si è spostato dall’Italia e non si ha notizia di morsicature pregresse. Il tipo di virus isolato, e le segnalazioni pur rare di spillover verso altre specie, uomo compreso, è suggestivo di una infezione legata alla predazione. Alcune specie di pipistrello sono migratorie, riuscendo a spostarsi da zone endemiche centro europee, anche nel nostro Paese. Ad oggi, non si registrano altri soggetti malati, anche negli animali conviventi con il soggetto malato”.
La tipicità e la novità del caso hanno determinato la costituzione presso il Ministro della Salute di un gruppo tecnico scientifico che si è già riunito, con la partecipazione di esperti e istituzioni locali e nazionali.
Il Ministero della Salute fa sapere che, sulla base dell’esperienza maturata da casi simili in altri Paesi, per virus analoghi la capacità di trasmissione dal serbatoio naturale ad un’altra specie rappresenta un evento estremamente limitato, a cui non fa seguito una diffusione epidemica. Attualmente, non ci sono evidenze di trasmissione da animale a uomo.
L’ Assessore al diritto alla salute dice: “Siamo in costante contatto con il Ministero per monitorare la situazione, che è sotto controllo. Questa è la dimostrazione che il nostro sistema funziona bene, perché abbiamo individuato il caso immediatamente e messo subito in atto tutte le misure necessarie”.
Il Presidente dell’ANMVI Marco Melosi in un comunicato stampa dichiara
“Il caso di Lyssavirus nel gatto di Arezzo dimostra il ruolo di sentinelle epidemiologiche di noi medici veterinari. Non deve allarmare”
E sottolinea la tempestività con cui “i medici veterinari curanti siano stati determinanti nell’individuazione dell’infezione”.
Come prevede il regolamento nazionale di polizia veterinaria, il conseguente intervento delle autorità di sanità pubblica veterinaria (Asl, IZS e Ministero della Salute) “è il risultato di un circuito virtuoso innescato dalla sorveglianza veterinaria di primo livello che si fa nelle strutture veterinarie italiane ogni giorno”.
“Anche di fronte ad un caso eccezionale e raro come questo, in Italia abbiamo dimostrato di avere un modello gestionale di sorveglianza veterinaria efficace, fatto anche da migliaia di liberi professionisti per animali da compagnia su tutto il territorio nazionale.
Il caso deve incoraggiare tutti i proprietari a far visitare regolarmente i propri cani e gatti e a valutare insieme al proprio medico veterinario, anche le condizioni ambientali in cui vivono. Farlo è un gesto di responsabilità anche verso la salute collettiva”.
Se dal punto di vista gestionale il caso è sotto controllo, dal punto di vista scientifico, l’ANMVI chiede al Ministero della Salute e alla Regione Toscana che i veterinari liberi professionisti siano partecipi dei tavoli tecnici e degli interventi da mettere in atto, “perché noi medici veterinari liberi professionisti siamo il primo interlocutore di prossimità per 14,5 milioni di proprietari di cani e gatti”.
Il professor Nicola Decaro, Ordinario di Malattie Infettive degli animali domestici all’Università di Bari, commenta:
“E’ un fatto eccezionale e molto diverso dalla rabbia cosiddetta classica. Si sono sommate delle circostanze rare: il gatto ha predato un pipistrello migratore ancora vivo, infettato da West Caucasian Bat Lyssavirus e probabilmente già ammalato al suo arrivo dal Caucaso o da zone limitrofe, una terra ricca di specie migratorie di chirotteri.
Non possiamo dire se si trattasse di un migratore isolato, ma non è così facile contrarre infezioni dai pipistrelli come l’immaginario collettivo può far credere. Sarebbe sbagliato mandare un messaggio terrorizzante sui pipistrelli”.
Il Prof. Decaro non demonizza nemmeno le bat box. “Le ho anch’io- dice. “Quello che non si deve davvero mai fare, cosa che i miei studenti sanno molto bene, è raccoglierli quando vengono trovati in difficoltà. Devono essere prelevati da operatori specializzati”.
Sempre raccomandato l’uso dei guanti- Alle persone e ai medici veterinari entrati a contatto con il gatto morto di Lyssavirus è stata somministrata la profilassi antirabbica da post-esposizione.
Afferma “Questo virus appartiene ad un gruppo molto distante dal punto di vista antigenico rispetto al virus della rabbia classica e non è coperto dai vaccini che conosciamo, ma se non c’è stato il morso non c’è da temere, nemmeno in caso di contatto dermico con la saliva del gatto se non c’è stato contatto con lesioni cutanee”.
L’occasione è comunque valida per una raccomandazione ai Medici Veterinari, cioè quella di “utilizzare sempre i guanti quando si manipola un animale in cura, e specialmente se viene descritto dal proprietario come morsicatore. E’ un accorgimento profilattico sempre importante per noi medici veterinari e non solo per il virus della rabbia”
“Non si deve mai abbassare la guardia nei confronti della rabbia classica. Far vaccinare i cani che vanno nei Paesi dell’Est, spesso per l’attività venatoria, e sensibilizzare tutti i cittadini al rischio di contrarre la rabbia in aree del mondo come il Nord Africa, l’India, la Cina, il Messico, dove la rabbia urbana e non solo quella silvestre è molto presente, diffusa e spesso ignota ai turisti. Anche se – conclude- i viaggi a rischio adesso sono diminuiti insieme alla mobilità globale a causa della pandemia da Covid-19”.
Vicla Sgaravatti
Medico Veterinario
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