ASCOLTARE IL PAZIENTE… E IL SUO PROPRIETARIO
Ai nostri pazienti…manca la parola!
Non possimo chiedere loro come si sentano, che disturbi abbiano, dove avvertano fastidio o dolore… e come sia successo.
La semeiotica, disciplina medica che studia i sintomi e i segni clinici di una patologia su un paziente, ben praticata può fornire un aiuto, ma spesso non è sufficiente.
Quindi, noi veterinari dobbiamo prestare molta attenzione a quanto ci viene riferito dal proprietario e dalla sua famiglia. Va sempre soppesato e filtrato, ma il racconto del rapporto con l’animale da compagnia da parte di ogni elemento del gruppo famigliare può svelarci dei sintomi, aiutarci nella diagnosi e farci scegliere la terapia.
La capacità di ascoltare è complementare al rapporto medico-paziente/cliente: è spiccata in me la propensione ad accogliere e interessarmi alla “storia della malattia” da parte di ogni membro della famiglia. Ogni particolare riveste importanza, e anche pareri a volte contrastanti, e versioni diverse di un fatto possono fornire un’immagine d’insieme.
Voglio capire il proprietario e il suo nucleo famigliare, per riuscire a creare empatia e comprensione che faciliti la risoluzione del problema presentato, il processo terapeutico e la guarigione.
Questo rende più facile far comprendere le scelte terapeutiche e affrontare anche situazioni potenzialmente stressanti.
Creare una relazione mi permette di affrontare argomenti riguardanti il benessere e la prevenzione, la nutrizione e lo stile di vita del paziente.
L’ascolto diventa reciproco e crea fiducia
Quando un cane arriva in ambulatorio, voglio che venga subito lasciato libero, mentre parlo con il proprietaio. In questo modo, ispezionando l’ambiente e familiarizzando, il soggetto acquista sicurezza, ed è più disponibile a interagire con me. Inoltre, osservarlo nei suoi movimenti e nei suoi atteggiamenti, è un modo alternativo di “ascoltarlo”.
Ogni animale ha una storia, ascoltarla mi permette di capirla e valutare come fare perché prosegua nel modo migliore.
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