ANTICO CIMITERO DI GATTI IN EGITTO
Nell’antico Egitto il culto dei gatti assunse un’importanza tale che sorsero in tutto il Regno una serie di necropoli a loro dedicate.
Il Bubasteion a Saqqara, in cui oltre a mummie di gatti, recentemente sono stati trovati anche dei leoni, è il più conosciuto.
Nei pressi della città egiziana di Berenice, però, uno scavo archeologico ha trovato nel 2011 un cimitero di gatti del I secolo d.C., sepolto sotto una discarica romana, molto particolare.
Nel 2016, sulla rivista Antiquity, furono pubblicati i risultati relativi ai primi cento scheletri esaminati. All’epoca, la natura del sito non era certa.
La stessa dott.ssa Salima Ikram, massima esperta di animali dell’antico Egitto, sostenne che avrebbe anche potuto essere una discarica di ossa animali.
È collocato nelle dune a nord-ovest dell’importante porto antico sul Mar Rosso, sede di un proficuo traffico con navi provenienti dall’Africa orientale, dall’Europa e dall’India.
Le sepolture trovate fino a ora sono 585, prevalentemente di gatti, ma con anche la presenza di scheletri di cane e di scimmia, forse macachi.
Questa scoperta solleva alcune domande ed è straordinariamente misteriosa.
Per prima cosa, nessuno degli animali seppellito nel singolare cimitero fu mummificato come invece accadeva negli siti funerari fatti costruire dai faraoni.
Secondariamente, a differenza di altre necropoli, tra le tombe non c’erano resti di essere umani ma solo di animali.
Gli archeologi sostengono che gli animali furono sepolti con la stessa dignità riservata agli esseri umani: furono interrati in tombe singole, in una posizione che rimanda al sonno.
La maggioranza dei gatti e dei cani indossava collari con ornamenti in stoffa, vetro, ceramica o conchiglie. Anche un primate fu sepolto con quello che sembrava un «collare di ferro». A due gattini fu posta una perla di ostrica vicino al collo di ciascuno. .
Collari e perline trovati accanto ai gatti, così come i corredi di sepoltura di una scimmia.
Un team guidato dalla professoressa Marta Osypinska, arche-zoologa dell’Accademia Polacca delle Scienze, ha pubblicato la notizia di questi nuovi ritrovamenti sulla rivista “World Archaeology” lo scorso gennaio, 2021.
Un Medico Veterinario ha analizzato i resti per determinare la salute, l’alimentazione e la causa della morte.
Modalità di posizionamento del corpo di un cane, un gatto e una scimmia a Berenice.
Gli studi effettuati hanno rivelato che molti dei felini ritrovati sono morti giovani a causa di fratture (forse causate da un calcio di un cavallo, numerosi nell’allora trafficato porto di Berenice) o a seguito di malattie infettive.
Il 5% delle sepolture apparteneva a cani che, invece, risultano essere vissuti fino alla vecchiaia, nonostante alcuni fossero quasi senza denti o soffrissero di malattie gengivali, articolazioni usurate o ferite rimarginate.
Studiando i resti ossei di un grosso molossoide, sono state evidenziate lesioni su un omero e su una tibia (indicate dalle frecce nella foto) riconducibili a un osteosarcoma, tra i più aggressivi e mortali cancri che colpiscono ancora oggi i cani. Lo sfortunato animale era stato avvolto con foglie di palma e coperto da un’anfora cipriota spaccata a metà. L’autopsia ha permesso addirittura di scoprirne l’ultimo pasto: un pesce di acqua salata e carne di capra.
Sembrerebbe trattarsi del più antico cane con tracce di tumore-
Questi ultimi ritrovamenti sembrano dimostrare che, poiché non potevano badare a sé stessi, evidentemente gli abitanti di Berenice si occupavano di loro, a volte nutrendoli anche con cibi speciali.
La professoressa Osypinska ricorda che gli animali avevano un posto speciale nell’antica società egiziana, ma “potrebbe non essere del tutto corretto” pensare a loro nel modo in cui pensiamo agli animali domestici oggi.
Questi “animali da compagnia” probabilmente svolsero un ruolo più utilitaristico rispetto agli animali domestici che occupano oggi uno spazio affettivo e vengono coccolati dai loro padroni.
Gli studiosi però ipotizzano che il rapporto che gli Egizi dell’epoca avevano con gli animali fosse più vicino a quello odierno, preoccupandosi di curare le loro ferite.
Spiega la Osypinska che gli animali furono “decisamente trattati bene” nel momento del trapasso, seppelliti con oggetti artigianali in ceramica e ornamenti come collane di perline fatte di pietra, vetro, maiolica e conchiglia, aventi una funzione protettiva,
L’archeologo Wim Van Neer, studioso del rapporto fra uomini e animali nel mondo antico per il Royal Belgian Institute of Natural Sciences, ridimensiona però i risultati riportando il tutto a fini più pratici e meno sentimentali.
Secondo lo studioso, infatti, un porto marittimo come quello di Berenice avrebbe brulicato di topi, rendendo i gatti un prezioso aiuto. Anche i cani, sebbene alcuni fossero di piccola taglia, quelli più grandi avrebbero potuto sorvegliare le case e consumare rifiuti.
Nonostante la dott.ssa Osypinska e i suoi colleghi non neghino questo particolare aspetto, i risultati da loro ottenuti sembrano gettare una luce interessante sul rapporto che gli abitanti di Berenice avevano con i loro animali, apparentemente considerati quasi “da compagnia”.
Sottolineando quanto rispetto e considerazione gli antichi Egizi attribuissero a gatti, cani o scimmie, con cui condividevano le loro vite, gli archeologi sono convinti che la necropoli degli animali di Berenice sia davvero qualcosa di nuovo. “È un sito completamente diverso da ogni altra necropoli egiziana”, ha dichiarato Bea De Cupere, archeologa dell’Istituto reale belga di scienze naturali di Bruxelles.
Vicla Sgaravatti
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